Altro che “matrimonio” tra Nord e Sud. “Terregiunte“, il “Vino d’Italia” pubblicizzato da Bruno Vespa e Sandro Boscaini (Masi Agricola) come unione tra l’Amarone Docg e il Primitivo di Manduria Doc, mette d’accordo tutti in negativo.
Attraverso una nota stampa, il Consorzio di Tutela pugliese si schiera con quello della Valpolicella. Il messaggio è chiaro: Bruno Vespa e Sandro Boscaini non possono usare il nome di una Doc e di una Docg (Primitivo e Amarone, per l’appunto) per pubblicizzare un “vino da tavola“, equiparabile come tipologia a un Tavernello.
La legislazione italiana, infatti, nel tutelare le Denominazioni di origine, non consente la possibilità di utilizzare i nomi di vini Doc o Docg per promuovere vini che sono frutto di un blend, come “Terregiunte”.
“Il Consorzio di Tutela del Primitivo di Manduria Doc e del Primitivo di Manduria dolce naturale docg – scrive l’ente – riserva massima attenzione all’iniziativa pubblicizzata a mezzo stampa e mediante il sito www.terregiunte.it da parte delle aziende Masi Agricola e Futura 14, al fine di vigilare sul rispetto della normativa di settore che disciplina le denominazioni tipiche per le produzioni vitivinicole e, se del caso, assumere ogni più opportuna iniziativa“.
“Nello svolgimento della funzione di tutela dei produttori e di informazione e tutela del consumatore che il legislatore riconosce ai Consorzi – continua la nota stampa – il Consorzio del Primitivo di Manduria ritiene opportuno specificare che qualsiasi produttore può, per motivi di scelta commerciale, effettuare un’operazione di declassamento del proprio vino: nel caso di specie mediante il taglio di un vino Doc quale il Primitivo, con un Docg come l’Amarone”.
“Tale operazione di declassamento – aggiunge l’ente pugliese – che peraltro implica la necessaria annotazione nei registri e le conseguenti comunicazioni agli Enti di controllo – determina de plano la perdita del diritto all’uso della denominazione d’origine, non solo sulle etichette, ma in generale sul materiale che viene utilizzato a promozione del prodotto ottenuto”.
Fermo restando che tali condotte commerciali, ove non conformi a normativa, sono soggette alle sanzioni dell’Ispettorato Centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (presso il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali), il Consorzio ritiene non corrette le informazioni sin qui diffuse al pubblico, e quindi conseguentemente necessaria una significativa correzione dei contenuti comunicati”.
“L’occasione, oltre a consentire al Consorzio di riaffermare con chiarezza la propria funzione di vigilanza e di tutela, consente altresì di rimarcare la funzione consultiva che il Consorzio stesso offre ai propri associati, e che, nel caso di specie, avrebbe indubbiamente consentito di ovviare un simile grossolano errore”, continua l’ente presieduto da Mauro di Maggio.
“Si osserva, secondariamente, la scarsa qualità tecnica dei commenti apparsi a margine dell’iniziativa in questione, laddove è stato affermato che il Primitivo non è capace di appassimento e che quindi trarrebbe giovamento dal taglio in questione. Questa affermazione non è sanzionabile ma rivela una scarsa conoscenza della nostra uva”. Palla al centro, dunque, alle autorità nazionali.
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